Da 10 a 30: il Challenge di Francesca

Articolo di Francesca Grana

Trenta chilometri non sono una passeggiata. Soprattutto se la corsa “lunga” settimanale cui sei abituata si aggira attorno a una decina.
Ma 30 chilometri non sono neppure la fine del mondo. Soprattutto se alla Fine del Mondo dovrai correrne 50, per di più fuoristrada.
Mi presento: Francesca, 31 anni, giornalista e podista pigra.
Aggiungo qualche dettaglio: da teenager ero un’atleta un po’ più seria, con qualche comparsata in nazionale giovanile nei 3.000 siepi e nei cross. Mi hanno sempre detto tutti che sarei stata portata per le lunghe distanze, ma smisi di fare atletica ben prima di poter capire se avessero ragione o meno.

E poi oggi eccoci qua: affascinata dal progetto di Carlotta e convinta a partecipare io stessa alla gara più lunga e più complessa anche fra quelle di cui, finora, mi fosse mai capitato anche solo di scrivere.
Io, che non ho mai corso più di una mezza maratona. Io, che non ho mai partecipato a una gara di trail. Io, che potevo limitarmi a partire per Ushuaia per raccontare e fotografare le gesta altrui.

E invece no: questa volta sulla rivista Correre ci finirò (anche) da aspirante trail runner, protagonista del programma di allenamento disegnato da Fulvio Massa e Simona Morbelli, un fisioterapista e un’atleta professionista esperti di trail running che ci guideranno nella transizione dalla corsa su strada alla corsa in natura.

Se ormai mi sono lanciata, che almeno non sia un salto nel vuoto. Se sarà un punto di rottura, che almeno ci arrivi senza spaccarmi.

E così, 30 furono.

Se i 30 km di qualche settimana fa avevano l’attenuante di una sfida incosciente e la leggerezza data dalle gambe ancora fresche, i 30 km di stamattina avevano la zavorra di tre settimane in cui ho iniziato gradualmente ad aumentare i km e l’aggravante di quasi 700 m di dislivello.

I primi 30 sono stati una sorta di test d’ingresso improvvisato e auto-imposto, come per verificare che i fan delle lunghe distanze di quando ero più piccola avessero ragione.
I secondi 30 erano già scritti in tabella, quel genere di allenamenti che ti mette un po’ d’apprensione per il semplice fatto che “debba” essere fatto, ancor prima che si abbia voglia di farlo.

I primi 30 km sono stati: 10 di controllo ossessivo del ritmo sul cronometro, 15 di stupore ed euforia, 5 di prevedibile affaticamento muscolare.

I secondi 30 km sono stati: 10 di calvario per non aver digerito, 10 di ripresa e male alle gambe “solo” in salita, 10 di spinta perché tanto il peggio era passato e cosa vuoi che siano solo gli ultimi 10 km.

PS: Il mio problema non saranno i prossimi 30 km, quanto la resa da stanca nei lavori di qualità e la tenuta del carico di lavoro alla distanza.
PPS: avevano ragione

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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