Castle’s Trail Verrès, così testo le salite ripide per UTMB Ushuaia

Tra poche settimane volerò insieme con Francesca letteralmente dall’altra parte del globo, a Ushuaia, la città più a sud del mondo, per correre una ultra trail di 50km e 3000m di dislivello positivo, la Ushuaia by UTMB.

A Ushuaia il 6 aprile è autunno e il profilo altimetrico della gara è tosto: dopo qualche chilometro di falsopiano si inizia a salire e si coprono 1000 metri di dislivello in pochi chilometri, per poi arrivare in cresta.

E’ un percorso in parte molto tecnico e ha poco a che vedere con i trail che in questo periodo troviamo in Italia, vista la stagione. Sembra a tutti gli effetti un percorso alpino.

Per testare un percorso tecnico, ho partecipato al Castle’s Trail di Verrès.

Il Castle’s Trail di Verrès è la gara che tradizionalmente apre il Trail Tour della Valle d’Aosta e prevede un percorso dalle altitudini contenute, ma dai dislivelli rigidi e tecnici. Diversi single track, strappi notevoli, una salita ammazza-gambe alla fine.

Un’occasione ghiotta per vedere come le gambe rispondono agli allenamenti fatti in queste settimane sotto la guida del Trail Running Coaching di MassaFisio.

Dopo una settimana di lavoro in trasferta, sabato 23 marzo alle 9 del mattino sono partita, insieme con altri 399 runner, dall’abitato di Verrès.

Verrès di per sè non ha nulla di “bello”. Da Verrès si passa per andare in Val d’Ayas, di Verrès si conosce il casello se, come me si frequenta quella autostrada. Di Verrès si sa che ha un castello.

Adoro correre nei luoghi meno conosciuti, perchè sono i più veri.

La gara

In partenza molte persone che conosco, compresi i ragazzi della mia squadra, il CUS Torino, il mio fisio di fiducia Franco, molti Torinesi attratti dal percorso che preannuncia i grandi trail estivi.

Partiamo piuttosto compressi. Io cerco di svegliarmi dopo le cinque ore di sonno e, se non mi svegliano i muscoli, lo fanno i bastoncini puntati indietro di molti concorrenti. Alle volte mi arrabbio per questi dettagli, sabato è stato così. Mi chiedo dove abbiano la testa queste persone. In una partenza affollata il rischio di inciampo è notevole. Inciampare e cadere su un bastoncino appuntito potrebbe essere fatale.

Cerco di non essere troppo antipatica e faccio finta di nulla. Appena in tempo per cominciare la salita, la prima e la più lunga.

le gambe bruciano e soffro la mancanza di sonno. Devo risparmiarmi e monitoro i battiti cardiaci. Dopo sette giorni sarà la volta della Ultra Trail del Chianti, gara corribile e lunga dove posso fare bene. Fulvio (Massa) ha detto che devo andare tranquilla.

Scolliniamo e gli scorci si fanno veramente splendidi. Le frazioni montane sono la pace per gli occhi. Il tifo è pazzesco.

Il tifo

Faccio un excursus sul tifo degli abitanti del luogo, perchè meritano un capitolo a parte. A partire dal primo ristoro, dove un alpino aveva legato diversi campanacci insieme per creare una specie di campana gigante e fare più chiasso, fino ad arrivare a quella signora in frazione Villa che credo proprio che a fine giornata abbia avuto un filo di raucedine: mai sentito tifare così forte tutti, o meglio, tutte.

Mi sono sentita una grande donna grazie a queste persone sul percorso, compresi i volontari ai ristori. Quando una signora mi ha detto “Brava, ma anche molto bella”, ho pensato che rifarò la gara nel 2020 sperando di acchiappare altrettanti complimenti. L’autostima è arrivata al traguardo più tronfia di me.

Le persone

Ammetto che sul percorso ho apprezzato molte persone, ma tra tutte i concorrenti sono stati quelli che ho amato meno. Non ero avanti e sono andata tranquilla, senza pensare ad altro che a godere del momento. Questo significava rimanere nella seconda metà della gara.

In una gara su strada, rimanere indietro ti permette di assaporare la goliardia dei runner più lenti, di ridere con il vicino, di scambiare occhiate complici.

Invece, in questo caso, attorno a me molti musi lunghi e moltra (troppa) competitività totalmente ingiustificata. Mi è successo di sentirmi apostrofare in discesa per dovermi scansare (sono la prima che si scansa, conoscendo i miei limiti, ma non appena possibile), di vedermi superare con un po’ troppa spocchia quando mi sono allacciata una scarpa, come se quello fosse il momento in cui ci si giocava la coppa del mondo, e ancora di superare diversi concorrenti che non appena superati accusavano a gran voce crampi che prima non erano comparsi.

Mi chiedo, quindi, se non si stia perdendo lo spirito trail. Questi occhi all’orologio, costanti e poi, la totale mancanza di voglia di condividere la bellezza del panorama. Ad un tratto mi sono trovata a commentare la vista strepitosa con uno sconosciuto compagno di cammino, che ha risposto che di sicuro lui conosceva posti migliori, zittendomi senza un accenno di sorriso.

Forse, non ci stiamo prendendo troppo sul serio?

L’arrivo, però, è stato magnifico, in centro al paese, acclamata come la campionessa che non sono.

Un leggero ponticello con il tappeto rosso con il simbolo della mia amatissima Valle mi ha accolto, come accoglie chi arriva al Tor des Géants.

Un sospiro, un bicchiere di tè e la consapevolezza che sono fatta, forse, più per la montagna che per la maratona, anche se, si sa, l’amore è cieco.

Come sempre, grazie mia splendida Valle d’Aosta.

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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