Primo mese di allenamenti per la London Marathon 2020

Da qualche tempo vi sto tartassando con i miei allenamenti per la London Marathon, ora vorrei raccontarvi qualche pensiero.

L’allenatore

Ho pensato molto all’allenatore da scegliere. Partiamo dal presupposto fondamentale che io ritengo sia necessario un allenatore se si vuole dare il massimo. Se vuoi trarre il meglio da te stesso a livello sportivo – rimane poi la regola per cui “il meglio” è un valore relativo che dipende dal singolo e non un valore/velocità assoluto – devi farti seguire da qualcuno di competente.

I gruppi di allenamento sono divertenti e stimolanti, ma alle volte, essendo per loro natura ampi, non riescono a rispondere alle singole esigenze di ognuno.

L’altro dubbio, come lessi qualche tempo fa in un articolo di Pizzolato, resta perchè scegliere un allenatore diverso da se stessi quando siamo – come nel mio caso – noi ad allenare altri. La risposta è semplice: io non riesco ad essere obiettiva su di me e ho bisogno di un confronto esterno. La mia natura stessa è quella di confrontarmi con altri in tutto, come non farlo in un ambito delicato come l’allenamento?

La scelta per la London Marathon è ricaduta su Sergio Benzio, allenatore di Sport2Win, famoso per il suo carattere rigido e, alle volte, non troppo affabile. Io ritengo che l’allenatore debba essere così, senza sfociare nell’esagerazione stile Mila e Shiro duecuoriperlapallavolo, ma comunque l’allenatore deve saperti ascoltare, ma essere rigido.

Sergio associa al carattere rigoroso una ottima conoscenza della materia, una lunga esperienza e soprattutto ciò che apprezzo di più: Sergio corre. Non nel senso che ha corso nella vita, o che alle volte corre. Nel senso che prova le sue teorie di allenamento su se stesso. Sergio conosce quella fatica che ci prende alle volte, conosce i sacrifici, conosce lo scoramento e la voglia di fare meglio. Non mi sono mai trovata a mio agio – forse a torto -con gli allenatori che stanno a bordo pista a dirti cosa fare, ma nella realtà non hanno mai provato la fatica della maratona.Ho avuto in passato altri validissimi coach, tra cui sicuramente la stupenda Marina Zanardi, ultramaratoneta e allenatrice splendida che purtroppo però abita a Ferrara (se qualcuno di quella zona cerca un allenatore, scrivetemi e vi do il suo numero).

L’obiettivo e il test del lattato

Io, il mio obiettivo per la London Marathon, lo ho già in testa, ma ho imparato che per avere un obiettivo bisogna prima valutare tutte le condizioni: tempo da dedicare, capacità e difetti personali, caratteristiche individuali, gradualità.

Per valutare il punto di partenza personale, con Sergio abbiamo effettuato il test del lattato.

Cerco di spiegarlo in modo semplice, spero anche corretto. Il nostro corpo quando si muove, necessita ossigeno. L’ossigeno circola attraverso il sangue. A maggior richiesta di ossigeno corrisponde accelerazione del respiro e accelerazione del battito cardiaco.

Quindi, più lo sforzo muscolare è alto, più i muscoli bruciano ossigeno e più il cuore deve pompare il sangue per trasportarlo.

Uno degli scarti metabolici di questa operazione è l’acido lattico.

Quindi più i muscoli sforzano, più bruciano ossigeno, più il cuore batte veloce e più acido lattico (lattato) viene prodotto. All’aumentare della velocità di corsa, aumentano i battiti cardiaci e aumenta il lattato nel sangue. Fino ad una certa quantità di lattato, il corpo riesce a riutilizzarlo, oltre ad una certa quantità si accumula. Più si accumula, più si avverte quella sensazione di morte muscolare e cardiaca che conosciamo bene.

Allenando questo processo nel modo corretto, si ottengono due risultati:

1-i battiti medi diminuiscono e di conseguenza anche le millimoli di lattato nel sangue, con il risultato che si riesce a correre più veloci mantenendo il cuore più basso e diminuendo le moli di lattato

2-si ottimizza il trasporto di ossigeno nel sangue e l’utilizzo di ossigeno nei muscoli, rendendoli più efficienti a parità di pulsazioni medie.

Ora parliamo dei miei risultati del test:

Il mio test (che non vi riporto in schema) sottolinea due fattori: il mio cuore sale subito e il lattato anche. Già a basse velocità i battiti medi rasentano i 160, poi rimangono più stabili nella parte media (velocità maratona) così come il lattato. In secondo luogo, oltre la velocità mezza maratona, sia i bpm sia il lattato schizzano a livelli altissimi.

Questo mostra come effettivamente io sia abituata a correre nel range medio della velocità maratona o appena più lenta. Ho abituato il mio corpo a quello. Il mio corpo sa che deve correre 42km a quasi 170 bpm e lo fa. Punto.

Come quindi migliorare un corpo già di per sè abituato ai 42km corsi a livelli massimi di battiti?

Bisogna fare in modo che l’impennata iniziale sia più graduale, in modo da arrivare alla velocità media con battiti più bassi e poter ancora premere l’acceleratore senza impiccarsi.

Primo mese di allenamento: i lenti

ALLENAMENTO-MARATONA

Ph. credits John Watkinson

A 5 settimane dall’inizio dell’allenamento per la London Marathon del 26 aprile sto lavorando sui ritmi blandi. Il volume di chilometri settimanale è alto (sopra i 100km), ma le intensità sono basse e medie.

Lunghi lenti e allenamenti frazionati a intensità medie, fatti quasi tutti con il cardio frequenzimetro come riferimento invece della velocità al chilometro.

L’obiettivo è quello di allenare il corpo a girare in modo efficiente a basse velocità. Noi podisti “medi” che amiamo l’endurance spesso tralasciamo di curare gli allenamenti lenti, rivolgendoci a intensità maggiori. Invece è fondamentale che il metabolismo impari a gestire i ritmi blandi consumando sia carboidrati che lipidi. Infatti questo allenamento si chiama anche in gergo “lipidico”. Sono molti i maratoneti che sono effettivamente efficienti a ritmo gara, ma soffrono nello sforzo prolungato per una bassa capacità metabolica di ossigeno/lipidi. Il risultato è il cosiddetto muro o, come nel mio caso, l’incapacità di migliorare.

Se pensate che ho corso la Maratona di Berlino dopo un allenamento corretto in 3h08’21” e la Maratona di Chicago un anno dopo con un allenamento approssimativo in 3h09’00”, senza nemmeno impiccarmi, è abbastanza chiaro come io abbia memorizzato quel ritmo, con o senza allenamento (con poco).

Dopo 5 settimane, in effetti quello che noto è un progressivo abbassamento delle pulsazioni a parità di velocità. Il cuore gira bene a 140 bpm, frequenza che prima tenevo solo per i primi chilometri (alle volte nemmeno).

ATTENZIONE!

In molti mi hanno domandato come mai così tanti km, raffrontati alle loro tabelle, più leggere. Partite dal presupposto che l’allenamento è strutturato su di me e che io ho sempre avuto volumi importanti di allenamento che si aggiravano intorno ai 90km settimanali e poi che io necessito di fare volumi. Aggiungo io che avendo una struttura robusta, patisco meno la quantità ed è anche un buon modo per controllare il peso, vista la mia perenne fame.

Quale sarà il prossimo step di allenamento per la London Marathon? Appena lo saprò ve lo dirò, ma per ora continuo a macinare chilometri con grande soddisfazione 😉

Ci risentiamo tra qualche settimana!

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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