Ventisette gradini di Pietra di Luserna. Il Sortilegio della Salita.

Inserisco la chiave nella toppa, premo e giro. Il meccanismo di metallo gira. Entro nella mia amata casa di San Salvario, Torino.

Respiro l’odore degli anni che hanno levigato la pietra di Luserna dei gradini. In alcuni punti è lucida e scura.

Salgo il primo e sento i muscoli dei glutei tendersi. Il secondo, il terzo. Sono 27 in tutto. Ventisette gradini di pietra nera che in pochi istanti mi portano a casa. Ventisette passi verso l’alto.

Ventisette, due e sette fa nove. Nove, il numero che si azzera.

Salgo e sono a casa mia. Le edere sul balcone stentano a rimanere verdi.  Ha fatto caldo questa estate, mentre ero tra le montagne della mia infanzia.

Mi siedo al tavolo della cucina. E’ il tavolo in formica rossa della casa di campagna dei miei nonni. Su un lato del piano è consumato. Forse era il lato più usato.

Ho scelto una casa con molte scale, pur essendo minuscola. L’ho scelta a ridosso del fiume, più vicina possibile alla collina.

Non sono abituata agli spazi aperti, ho bisogno di un dislivello che delimiti il mio orizzonte. La cosa che più si avvicina a Torino è la collina.

Ho bisogno di salire in cima ad una montagna per non avere più confini.

Chiudo gli occhi e sento il contatto dei piedi scalzi sulla pietra. Inspiro e nelle narici sento quel profumo di latte scaldato che ha la montagna sopra i duemila metri. E’ un profumo dolce e io ho una memoria olfattiva spiccatamente sensibile.

Saprei riconoscere l’odore di una persona in una folla e quello della montagna mi è rimasto dentro.

Così dentro che alle volte, quando sudo, lo sento nelle gocce fresche che mi colano lungo il collo. Un odore dolce e leggermente selvatico, eppur mansueto.

Sento, chaira e accesa, la nostalgia della salita.

Mi rendo conto che la salita per me rappresenta il solo modo che conosco per abbandonare il peso a valle.

Più salgo e più divento leggera. Tutto il peso dei giorni comuni, i pensieri soliti, la mente infiocchettata, rimangono piano piano dentro allo zaino. Mentre le gambe spingono verso la cima, la testa si libera. Una treccia si snoda, si scioglie, e il vento scompiglia i capelli.

E una volta arrivata in cima, mentre l’aria che rotola veloce insidia la pelle scoperta, gli occhi possono risparmiarsi il dettaglio, per cogliere, finalmente il tutto. Perdersi nel mondo che confini non ha più, abbattere le barriere che mi impongo nei giorni dei dubbi.

Il cuore rallenta, la testa cammina.

Il silenzio è la sola risposta che ha qualche importanza.

Mentre il pensiero vaga, la pianta dei piedi scalda la pietra scura. Non ho freddo. Non ho mai freddo per davvero.

Ventisette gradini. Li scendo e li risalgo, senza scarpe. La pietra risponde.

Parla di storie di fate ed eroi.

Ora posso ricominciare a lavorare.

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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