I’m a Problem Solver: corsa e soluzione dei problemi

Stamattina mi sono alzata e Torino era Londra.

Sono tornata nel letto mezz’ora, mi sono alzata, ho guardato fuori.

Uguale a prima, manca solo il London Bridge in un film fantasy.

Una nebbia bassa, umida, incollarsi al naso che ho messo fuori per vedere che non fosse la condensa delle finestre. Un tepore che è più o meno quello di un bagno turco spento da qualche ora. In strada enormi camion rappezzano l’asfalto a strisce, che ti chiedi se con tutto questo casino non potevano rifare proprio la strada già che c’erano. Cigolano dalle 7 con movimenti lenti e rumori striduli.

Il colore dominante è il grigio.

Avete presente le signore un po’ in là con gli anni che hanno quei capelli a forma di bigodino di un grigio tendente al lilla? Ecco, una tonalità simile, scaldata solo dai colori delle case che vedi in trasparenza.

Sono rientrata cercando il sorriso in una colazione del campione. Addominali e banca, attirata negli uffici da rimandabili richieste di firme elettroniche con il solo scopo di propormi investimenti che non comprendo.

Una giornata che parte per essere inutile.

La corsa di pranzo è spostata al pomeriggio, voglio stare a scrivere nel letto. E basta.

Dovrei, vorrei, fare un allenamento serio.

Sapete quei giorni dove ogni cosa vi sembra un problema? (molti qui mi direbbero che si dice “giorni durante i quali”) Durante i quali anche solo mettere i piedi giù dal letto è una questione di decisioni, camminare un’impresa titanica.

Sarà giusto? Devo uscire? O resto a letto? Mentre un freddo anomalo mi gira sottopelle e gli occhi, troppo gonfi per la norma, sono sul punto di abbandonarsi ad un pianto incomprensibile e gratuito, mi vesto.

Shorts corti e colorati, maglia e antivento leggera.

Scarpe comode e ammortizzate, Garmin al polso.

Scendo le troppe rampe della mia casa-castello di 60 metri quadri e mi chiudo la porta alle spalle.

I primi passi sono esitanti. Il cervello dice alle gambe di andare avanti. Le gambe preferirebbero tornare indietro.

La sensazione è quella di un salasso, come se avessi donato il sangue se avessi superato la parte dell’ago che non ho superato svenendo.

I muscoli si muovono grazie ad un’energia che pare inesistente.

Corro con la fatica addosso, sentendomi cadere ad ogni salita anche del 2%.

Dopo 9 km interminabili torno a casa.

Salgo le scale e non è più un problema. Guardo la Torino-Londra e pare meno grigia.

Penso ai problemi che prima parevano insormontabili.

Trovo, tra un’edera ed un’altra quel sorriso che cercavo nella colazione.

Tutto è più chiaro.

 

Esco a fare la spesa e la nebbia è sparita.

 

La verità è che dopo la corsa, va sempre tutto molto, ma molto, meglio.

 

I’m a problem solver.

O un mago. Trasformo Torino in Londra… E un problema in una soluzione.

 

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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