Test sul dislivello: allenamento in discesa per la Cortina Skyrace

Quando approcci una Skyrace, il primo occhio non va allo sviluppo, ma al dislivello. Dislivello Positivo.

Cioè ti preoccupi subito di quanto dovrai salire. La salita è tosta, fa faticare, soprattutto quando sei abituato ad andare in piano, come me.

I polpacci bruciano, i glutei accusano, la schiena spinge… E poi c’è una sottile frustrazione del runner: io sono abituata a CORRERE! Cosa sto facendo? Il gps segna tempi al chilometro imbarazzanti! Ma non si chiamava trail RUNNING? Invece qui arranco, sbuffo, sudo, spingo…

Ma la parte peggiore, fidatevi di me, è la discesa!

La settimana scorsa ho fatto un breve test (breve in realtà non troppo) per la Cortina Skyrace. Il mio amico Denis sta preparando una gara di trail di sola salita (l’Aosta-Becca di Nona, gara storica che quest’anno hanno “riesumato”, per fortuna leggi qui l’articolo ). La sua gara è la classica mazzata come si dice in gergo: 2.500 metri di D+ tutti a picco. D’altronde è un vertical…

Va a fare un giro sul percorso promettendomi un dislivello di 1000 e qualcosa metri, in salita. E in discesa.

I metri diventano facilmente 1.750. Non corro, mi trascino.

Una salita spaventosamente faticosa, ma le gambe reggono. La mia nuovissima attrezzatura The North Face anche: le Ultra Endurance  sono scarpe veramente trasversali. Sono comode, tengono bene sulle pietre come sul sentiero. L’abbigliamento mi fa restare asciutta: tutto il sudore è in fronte.

Arrivati a Comboè non basta ancora. Sono sfinita e mi chiedo come farà alla Cortina Skyrace a stare nei cancelli orari…

Ma l’alpe di Comboè è commovente, di una bellezza commovente. Tutto è fermo, incantato, silenzioso. Marmotte grasse come le nutrie del Po si buttano nelle tane con la grazia di piccoli pachidermi dentati.

La vecchia colonia, minuscola, sembra finta, spersa tra i fiori.

comboe

Sono stanca. Denis e gli altri per nulla.

Quindi proseguiamo ancora.

Arrivati al colle tagliamo per San Grato.

E iniziamo a scendere.

La strada è larga e finalmente corro. O almeno provo a correre con le gambe imballate dalla fatica della salita.

Il difficile arriva ora.

Se il primo pensiero di fronte ad una skyrace va alla salita, ora mi ravvedo. I muscoli sono intorpiditi, gonfi e incredibilmente stanchi. Il passo cerca di andare oltre e di correre, ma non è fermo. La testa mi gira.

Se ci abbiamo impiegato 2h30 a salire, conto che in un’ora scarsa saremo giù.

Invece no.

Dopo 30 minuti di “tentata corsa” i quadricipiti si inchiodano. Le ginocchia mollano. Carico il peso sul fondo schiena, ma non è sufficiente.

Arriviamo all’auto. Sono a pezzi.

Per i due giorni successivi correre è uno strazio. Mi sento le gambe di vetro, come si dovessero rompere ad ogni passo.

Sarà stata la salita o la discesa?

Facile. Entrambe, ma di sicuro se per la salita noi runners siamo abbastanza allenati (fiato e muscoli sono messi alla prova ma sono ok), per la discesa non lo siamo affatto. I muscoli quando corriamo in discesa compiono un movimento eccentrico.

Cioè si contraggono non per spingerci verso un punto, ma per contrastare la gravità che tenderebbe a portare il nostro corpo a rotolare verso il basso.

Questo tipo di contrazione provoca microlesioni muscolari che creano quello che comunemente pensiamo sia l’acido lattico.

Perchè il muscolo si rigeneri ci vogliono almeno un paio di giorni. Se poi, prima della discesa, ci siamo “spaccati la schiena” in salita e i muscoli sono già molto affaticati, le microlesioni aumentano.

Ecco perchè è fondamentale allenare la discesa, più ancora che la salita. Molto difficile è allenare il muscolo, più facile imparare la tecnica meno traumatica.

Se le microlesioni vengono prodotte quando il muscolo si contrae per contrastare la caduta verso il basso, capirete facilmente che l’unico modo per procurarsi meno lesioni è lasciarsi “rotolare” verso il basso, opponendosi il meno possibile.

Cioè non dobbiamo frenarci. Lasciarci andare, velocemente, giù. Per lasciarsi rotolare però dobbiamo migliorare la tecnica per essere più sicuri di noi.

Quindi, pronta Charlotte per Cortina?

Beh, ora vediamo 😉

Mi alleno!

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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