GR20 – Seconda tappa, da Carrozzu ad Asco

Sulla carta doveva essere una tappa facile, breve e di passaggio. Anzi, a suo tempo mi pareva anche di averla doppiata.

Invece è stata una fatica surreale.

Innanzitutto dovete sapere che in Corsica i sentieri come li intendiamo noi sono rari. Per lo più la via è segnata (benissimo) dalle marche bianche e rosse del GR, ma non è che ci sia un sentiero. Ti arrampichi sulle rocce e scendi a tentoni, seguendo le marche con ossessioni e perdendole talvolta, perchè ti illudi di vedere un pezzo di sentiero e lo segui. Peccato che non sia – quasi – mai vero.

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Questa tappa, di soli 11 chilometri, è un susseguirsi di rocce e massi.

Parto da Carrozzu con le gambe di legno della tappa precedente (ci va abitudine nel trekking e io non l’avevo). Al primo del primo tempo sbaglio sentiero e mi ritrovo abbarbicata sulla roccia, fino alla famosa Passerella della Spasimata.

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Un ponte tibetano dotato di gradini basculante, che quando hai 12 chili di zaino è l’ultima cosa che vorresti.

Dopo la passerella un susseguirsi di placche lisce dotate di catene.

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E inizio immediatamente male.

Non so perchè, ma quando mi trovo in difficoltà, soprattutto quando è la paura a farsi sentire, anche i pensieri negativi che avevo cacciato nel fondo dello stomaco vengono a galla come un reflusso acido.

Insomma, le prime tre ore sono un’agonia, tra paura del vuoto, balzi e catene.

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Oggi sulla via incontro altri due ragazzi, questa volta due studenti di Oxford (nel senso vero, nati e cresciuti ad Oxford) di soli 20 anni.

Bravi ragazzi anche loro. Anche loro una coppia di amici. Anche loro stanchi quanto me.

Mi tengono compagnia e mi fanno sorridere delle mie corte gambe.

Quando i salti sono troppo alti io devo prendere una vi alternativa. E loro sorridono di me e del mio inglese stentato.

Arriviamo ad Asco che sembra il paradiso. C’è da mangiare e remoto subito la cena di carne e verdure. Prende il telefono e faccio le chiamate  de cuore, quelle che servono per non sentirsi troppo soli.

Faccio il bucato, metto in ordine la tenda, cucino.

Mi manca la candeggina per candeggiare bene tutto e potrei essere a casa.

Ma forse qui sono più a casa che là.

In queste ore rifletto.

Sto perdendo tempo e non mi entro in piena forma. Sono lenta, più del previsto.

E se davvero non dovessi finire nei 10 giorni previsti? Ne ho già perso uno per la nave. ieri ho recuperato, ma oggi sono a pezzi.

La verità è sempre una però.

Non siamo noi che dettiamo il tempo del cammino, ma è il cammino che detta il nostro.

A questo pensiero mi rilasso e decido che domani se riesco doppierò la tappa, ma se non riesco mi godrò la mia Corsica.

Il vento di Maestrale soffia ancora.

Lo stesso in tutti i mari.

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RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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