Hoka One One Challenger ATR 5, la recensione
Ricordo la prima volta che vidi le “Hoka” ai piedi di qualcuno. Era il 2012 e stavo assistendo alla terza edizione del Tor des Géants, quando passò davanti a me Christophe Le Saux con le sue scarpe dalla suola spropositata. Le Saux è un ultra trailer piccolo di statura, come posso essere io. Vedendolo salire di grande aveva due parti: i piedi e la testa, incorniciata dalla sua riconoscibilissima chioma bionda e riccia.
Ma ai piedi aveva un paio di Hoka One One Stinson.
Un uomo così minuto con delle “zatterone” così grandi? Forse allora avrei potuto provarle anche io!
Sono passati sette anni, io mi sono data alla Maratona e alla ricerca del “tempo” .
Ho aperto questo blog, che all’epoca era un passatempo e di scarpe ne ho provate tante, tantissime, anche delle Hoka, ma nel frattempo tutto è cambiato, anche nel “brand dalle suole a canotto”, come le chiamavamo noi ignoranti.
L’idea dei fondatori era quella di dare ai trail runner una scarpa estremamente ammortizzata, ma anche estremamente leggera, una scarpa “che non facesse rumore” nei boschi silenziosi, ma soprattutto che permettesse una veloce discesa.
Oggi, la gamma Hoka One One (che si legge come si scrive e non come uàn uàn) presenta modelli decisamente più abbordabili rispetto alla Stinson di Le Saux e anche (cosa che mi interessa) dei prodotti dedicati alla corsa su strada.
I concetti chiave sono tre: intersuola super ammortizzata “effetto marshmellow”, suola “meta rocker” leggermente arcuata per dare la spinta, tomaia attiva e robusta.
Questi tre capisaldi sono ad oggi quelli che guidano il design dei modelli attuali, che però rispondono anche ad altre esigenze del mercato e non solo all’ultra trail.
Tra i modelli da Ultra Trail e quelli da strada, le Hoka One One Challenger ATR 5 che ho testato io si collocano più o meno nel mezzo.
Hoka One One Challenger ATR 5
Questo modello, alla sua quinta edizione, nasce come scarpa per il “misto”. Dalla spiccata derivazione trail, la Challenger abbina una tomaia estremamente leggera con una suola tassellata, ma reattiva. Il risultato è un prodotto che si adatta indifferentemente al trail leggero, alla strada bianca e all’asfalto bagnato.
Io l’ho testata all’evento organizzato da Hoka a Milano da Runaway, in un giorno di pioggia e pozzanghere, e poi su un misto prato/sterrato/asfalto al parco a Torino.
Passiamo alla recensione.
Guardiamole.
Sono scarpe esteticamente molto belle. Inutile dire che non fa, perchè fa e le Hoka non sono nate come scarpe “belle”. Queste lo sono. Inizio dalla suola.
La suola vera e propria si trova solo in avampiede e tallone, dove serve più presa e più resistenza anche su asfalto. I tacchetti sono larghi e bassi, quindi immediatamente capisco che non è una scarpa da alta montagna, ma una scarpa con buon grip e buona stabilità su terreni terrosi e misti.
L’intersuola è alta, quasi tre centimetri sul tallone e due e mezzo sull’avampiede. Il differenziale è quindi basso, come tipico del brand.
La struttura è larga anche nel mesopiede, cosa che mi dice che è una scarpa estremamente stabile e protettiva. Rimane comunque una scarpa flessibile ed elastica, quindi che non rinuncia alla reattività.
Passiamo alla tomaia: sostanzialmente la tomaia è di due densità diverse (identificate dai colori). Una rete leggera (ma resistente all’acqua) nelle zone che necessitano flessibilità e poi un tessuto più robusto, spalmato, resistente e più rigido nelle zone topiche della punta e dei lati del tallone.
Indossiamole.
Le infilo e la sensazione è buona, anche se ammetto che me le aspettavo più “marshmellow”, come si dice delle Hoka. Le Challenger invece sono sostanzialmente secche.
Devo prendere mezzo numero in meno rispetto al mio, però. Contatelo nei vostri acquisti se come me non amate le scarpe larghe.
Le allaccio bene (allacciatura a cappio fino all’ultimo buco) e provo a muovermi. Il feeling rimane lo stesso: sono scarpe decisamente reattive, fin un filo rigide forse, ma confortevoli.
Corriamoci.
Divido la corsa in due per i due momenti di test.
Corsa a Milano sotto la pioggia.
Partiamo dallo store di Runaway (se non conoscete Runaway andate a sbirciare perchè è un luogo fantastico CLICCATE QUI) e attraversiamo tra ciclabili e marciapiedi la città, passando attraverso il quartiere Isola, e arrivando ai giardini Indro Montanelli, dove proviamo qualche “aiuola” e il sentiero ghiaioso.
Piove e l’asfalto non è certo dei migliori, poi i marciapiedi non sono certo elastici. Le scarpe hanno un grip eccellente anche sul bagnato, anche se si sente che la suola è una suola da trail e chiama il sentiero.
Rimane tuttavia una scarpa flessibile e non fastidiosa, che può essere usata in città. Secondo me è perfetta per pesi superiori al mio, quando la necessità di supporto della tomaia è evidente anche sull’asfalto.
La consiglierei per runner pesanti su terreni anche poco accidentati.
Corsa su prato e strada sterrata.
L’ho poi usata una seconda volta correndo sul prato bagnato e fangoso. Il grip è eccellente anche in questo caso e su sterrato la scarpa dà il meglio di sè. L’intersuola flessibile la rende perfetta per pendenze non tropo accentuate e terreni morbidi. In discesa l’atterraggio è il giusto compromesso tra tenuta e morbidezza.
La consiglierei per trail corti e medi su percorsi semplici. Il puntale rinforzato la rende protettiva anche per terreni sassosi.