MezzAosta: il coraggio di lasciare

Non mi ero mai ritirata da una gara. Mai. Anzi, ho sempre pensato che non si dovesse mollare e basta.

Per rispetto, per onore, per tenacia. Si dice che bisogna arrivare, anche strisciando.

O no?

Ecco, io non sono arrivata. Non sono arrivata al traguardo di MezzAosta.

Pensavo che avrei sentito l’onta. Lo pensavo appena prima di mollare del tutto, pensavo che mi sarei vergognata di essermi arresa.

Invece no. Non mi vergogno affatto, anzi.

In molti mi hanno chiesto come sto, il perchè, mi hanno detto di non abbattermi. Non sono abbattuta, so che succede e so che migliorerò.

Cosa è successo?

Non so, ma domenica mattina mi sono alzata con la nausea. Lo stomaco andava male. Ero stanca. Sono stanca.

Questa settimana ho pubblicato il mio primo eBook (a proposito, lo trovi qui ACQUISTA THE RUNNING PRINCESS), sto cercando di buttarmi su nuovi progetti e sto cercando di chiudere le porte al passato senza farmi troppo male.

Ho dormito male, ho pensato, ho lavorato fino a tardi.

Aosta è la mia città e tengo moltissimo a questa gara. Eppure, ho dovuto arrendermi.

Sono partita comunque forte, ci ho provato. Volevo scendere sotto l’ora e 32 minuti e ho provato a farlo.

Al quarto chilometro la prima nausea.

Al nono i crampi al fegato.

Al quattordicesimo un senso di vertigini, i brividi e la nausea incessante non sono state placate dal pensiero positivo.

Ho mollato.

Io ho mollato.

Ho tentato e non ci sono riuscita.

Ritenterò, sicuramente.

Ritenterò con una ricetta a base di riposo e alimentazione equilibrata, allenamento mirato e pensiero positivo.

Quello che, però, vi voglio raccontare è cosa ho pensato.

Perchè vi potrebbe succedere di mollare, come a me. E dovete sapere che è normale.

Ho iniziato forte ed ero consapevole che non ero in forma, quindi il piccolo tarlo del “che caxxo fai, non ce la fai” era già lì. Il primo chilometro è scivolato via. Il secondo ho rallentato proteggendomi e rimettendomi a ritmo gara.

Non avevo strategia, o meglio, la strategia che avevo non mi avrebbe garantito molto. Per cui ho cercato di staccare il cervello e andare.

Al quarto chilometro inizio a sentire lo stomaco che gira strano, ma il problema è stata la voce dentro che mi ha messo i dubbi. La voce che abbiamo dentro è il nostro conscio. Come dico sempre a chi porto a correre, bisogna spegnerla e andare avanti.

E infatti l’ho spenta e sono andata avanti.

Continuo stringendo i denti, fino al nono chilometro quando il fegato ha iniziato a dirmi addio.

E la mente mi ha iniziato a dire “vedi? stai male. Molla”

Ma, continuo a dire, finchè stai bene, quella voce la devi stoppare. E’ lì per proteggerti dalla fatica ed è normale. E’ il suo lavoro e lo fa bene. Serve per quando stai veramente male, quindi devi chiederti se stai veramente male o no.

Al decimo avevo già perso 5 secondi al chilometro e il malessere è continuato. Ma ho chiuso gli occhi e ho superato una runner, cosa che ovviamente mi ha dato quello sprint che mi mancava. Ho sorriso e ho respirato.

Al dodicesimo la discesa non mi ha fatto recuperare neanche un respiro. I brividi mi hanno fatto alzare la pelle.

Brividi e vertigini.

Al quattordicesimo ho guardato il ristoro con disperazione.

Dopo altri 500 metri ho spento il Garmin e ho tirato giù il pettorale.

Ma cosa ho pensato il minuto precedente?

Ho pensato che dovevo rispettare il mio corpo prima del mio orgoglio.

Ho valutato le gambe, dure come sassi. Ho ascoltato il respiro, asmatico e stanco. I battiti erano sopra il limite. Lo stomaco a pezzi e la voglia di vomitare troppa. L’intestino in subbuglio, i brividi e il senso di vertigini.

Il mio corpo vale più della mia mente.

Se il corpo sta male, veramente, non basta il pensiero a portarci in fondo.

Ho deciso. Ho deciso di non farmi male. Ho pensato a quante occasioni avrò ancora per tentare quel 1h31 che volevo. Ho pensato che se avessi continuato non lo avrei fatto nè in questa occasione, ma soprattutto nemmeno alla prossima.

Ho pensato che non volevo farmi male, non troppo.

E ho deciso.

Vi assicuro che la voglia di piangere c’era, ma è durata cinque minuti.

Ho trottato fino all’arrivo (ero dall’altra parte della città) senza riuscire ad andare più veloce dei 6 minuti al chilometro.

Sono arrivata sorridente, tra Alpini che mi incitavano “dai vai!” come si incitano gli ultimi.

Non ho tagliato il traguardo della gara che amo.

Sapendo che tenterò di nuovo e senza un solo rimorso. Senza pensare un secondo di troppo al fallimento.

(ph. Bruno Baratti)

RunningCharlotte
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Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Showing 4 comments
  • Marco Filippi
    Rispondi

    Ciao Carlotta, hai fatto benissimo, leggo spesso sui social commenti tipo “ non si molla un caxxo” “fino alla fine” “strisciando ma ci arrivo” ed altre amenità di questo tipo. Se il corpo ti manda dei segnali e forti, devi ascoltarli e tu l’hai fatto!! Ti seguo da tempo e so che questa Cosa non ti butterà giù, anzi !! Riposati e alla prossima !! 😀😀😀

    • admin
      Rispondi

      No no non mi butto giù per nulla!

  • Candido
    Rispondi

    Chiunque abbia affrontato gare impegnative si è trovato prima o poi nelle tue condizioni, lottando tenacemente con il proprio corpo e la realtà delle sue condizioni.
    Non basta impegnarsi con la propria mente conscia, la tua parte inconscia ti porterà in evidenza che il tuo corpo in quel momento non può seguire il tuo sogno, e quale migliore decisione puoi prendere se non quella del rispetto x Te stessa e per la tua salute, Grande Charlotte.

    • admin
      Rispondi

      Grazie 😊

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