Hoka ONE ONE CarbonX, il test
Hoka One One, che si legge come si scrive, non òca uàn uàn, è una marca di scarpe con una storia.
Nata diversi anni fa con il trail running, pare che debba il suo nome balzano ad un grido maori che significa “ora è il tempo di volare”, indicando la velocità con cui si riesce a sfruttare la discesa dai sentieri grazie al complesso e innovativo sistema “rocker shape”, che permette un movimento continuo del piede, come una ruota.
Vi spiego come funziona Hoka facilmente, come lo spiego in negozio.
Pensate ad una ruota. La ruota si muove continuamente e fluidamente grazie al suo essere senza vertici (fate voi rotolare un parallelepipedo…) La spinta che le viene data si imprime su tutta la superficie circolare e crea un moto perfettamente fluido e continuo.
Con le Hoka ONE ONE uguale. La rigidità della scarpa, unita alla sua intersuola sovradimensionata e con drop bassissimi, fa si che la rullata avvenga nel modo più fluido possibile. E’ il solo spostamento del baricentro nella corsa che porta la scarpa avanti. Come una ruota.
Detto questo, passiamo al test della Hoka ONE ONE CarbonX, la grande novità della stagione Hoka.
Guardiamole.
Appena le prendo tra le mani mi pare impossibile. Sono veramente leggerissime. Sapendo di doverle testare in gara (la Lago Maggiore Half Marathon) ne sono rimasta contenta, anche perchè è previsto diluvio e preferisco correre leggera se piove: meno si inzuppano scarpe e vestiti, meglio è.
La tomaia sembra di carta. Ovviamente in mesh ingegnerizzato come vuole un top di gamma, ha uno spessore millimetrico. Il colore bianco la rende veramente simile alla carta.
L’intersuola e la suola sono un pezzo unico in ProflyX, una schiuma che assicura massima ammortizzazione con il minimo del peso. Nessun elemento protettivo della suola, nessuna parte in gomma, solo un’unica fetta si materiale morbido e leggero.
La fenditura sulla suola serve più a far vedere la piastra in fibra di carbonio interna che non a qualcosa di funzionale.
La conchiglia posteriore è morbida, irrigidita solo da nervature cucite
Mi sembrano come le ricette ben riuscite: pochi ingredienti, senza nessun orpello per nascondere-mitigare-elaborare. Solo sostanza.
Infiliamole.
Ho preso mezzo numero in meno rispetto al mio solito 8 USA. Hoka per il mio piede veste largo e questa non è certo una scarpa da portare larga. Anche con il numero in meno la tomaia lascia spazio alle dita di muoversi, non è stretta in nessun punto. Diciamo che in realtà non si sente.
Temendo il movimento interno del piede la allaccio fino all’ultimo foro. La linguetta è molto bassa, per niente imbottita, ma l’allacciatura comunque non stringe.
Con una altezza di 27mm – 32mm e un differenziale quindi di 5mm, mi sento abbastanza sui tacchi, ma piatta. Ho sempre pensato che, comunque, la Hoka non sia una scarpa da sentire nei piedi da fermi. Il rocker shape non permette l’immobilità.
La leggerezza al piede è molto piacevole, anche se, come sempre, il differenziale basso in qualche modo mi destabilizza, soprattutto se applicato alla rigidità della suola data dalla piastra in carbonio.
Corriamoci.
Le ho provate in tre occasioni: in gara sui 21km, su una corsa di scarico e su ripetute (in salita a dire il vero).
Purtroppo durante il test in gara è diluviato, per cui la percezione della scarpa era falsata.
In generale queste scarpe richiedono un appoggio in avampiede, cosa abbastanza normale vista l’idea stessa del rocker shape, o comunque una veloce transizione dal mesopiede all’avampiede.
Insomma: scordiamoci il tallone, se non per brevi tratti.
La tomaia è avvolgente, ma non troppo. Forse, a dir la mia, avrei preferito qualcosa di più elastico sul piede. Io amo le tomaie accollate e abbastanza contenitive e questa invece è talmente leggera che non la percepisco quasi. Durante la corsa la sento ancora leggermente larga, malgrado il numero.
La corsa è agevolata e corretta, il lavoro del polpaccio e della parte posteriore della gamba molto alto, come prevede qualsiasi drop basso.
Sento polpacci e glutei tirare e spingere.
Il ritmo è buono, la falcata ampia e il tempo di volo – mi sembra – abbastanza ampio.
Trascurando il risultato gara mediocre, mi sembra proprio che la scarpa aiuti la spinta, ma è la sua leggerezza che mi stupisce maggiormente e, ammetto, la sua stabilità.
La trovo una scarpa che definirei una caegoria A2, se le categorie valessero ancora qualcosa, che però possono usare tutti, anche i più lenti.
I punti a suo favore sono tre, che associati al rendono speciale: incredibile leggerezza, ottima ammortizzazione e stabilità eccellente.
Il Punto a sfavore – ripeto, la mia è una opinione personale – è il drop basso. Il differenziale basso, anche se applicato al rocker shape, fa lavorare i muscoli della catena posteriore in fase di tensione costante. Riguardo a me, sofferente a femorali, ischio crurale e semi-tendinoso, è sempre un terno al lotto.
PER CHI E’: direi per tutti coloro che vogliono una scarpa da lunga distanza più prestativa rispetto ad una super ammortizzata classica. Perfette per chi ama la leggerezza e chi desidera giocare con la tecnica di corsa. Dedicate a distanze medio lunghe.
PER CHI NON E’: per i super veloci, che preferiranno comunque una scarpa più fast e meno ammortizzata e per i lentilenti. OK che è una scarpa da lunga distanza, ma sorreggere la tecnicità di questo modello per 5 ore di maratona non ha senso, soprattutto alla luce del differenziale. Meglio qualcosa di più morbido.