La Maratona della Vita: Marathon des Alpes Maritimes

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Come iniziare questo articolo…

Difficile…

Iniziamo così: c’era una volta un sogno. Uno di quei sogni concreti, non un volo pindarico tipico di noi “femminucce”, un sogno che si chiama MARATONA.

Beh, così è riduttivo, perchè di maratone ne ho già fatte.

Diciamo che il sogno era una maratona, una in particolare, una che per me ha significato e significa molto.

La maratona che in 42km e 195 metri di porta da Nizza a Cannes, in quella costa che i più chiamano “Azzurra”, ma che per me significa amore per una terra che mi ha accompagnato tante volte nei momenti belli e fondamentali della mia vita.

Quella costa che per me era all’inizio il sogno di una casa per i miei genitori, che poi è diventata il palco delle mie estati, il corollario della mia adolescenza, lo scenario della mia “prima volta”, il percorso che ha accompagnato le mie prime, faticosissime, corse.

Mi ricordo ancora la prima corsa fatta da Mentone al confine e ritorno: 10 km che mi hanno segato le gambe e fatto amare la corsa.

Mi ricordo quante volte con i miei ho fatto la “promenade Le Corbusier”, che prima di studiare architettura era solo la “passeggiata che porta alla spiaggia del cigno”.

Mi ricordo quante volte l’ho fatta di corsa pensando al fidanzato che mi aveva lasciato, con il mio cane adorato, con il mio ex marito, con le mie amiche Arianna e Nicole.

Mi ricordo la mia prima Mezza Maratona a Nizza, nel 2006, corsa con un pelouche attaccato ai pantaloni “perchè me lo aveva regalato mamma”.

Mi ricordo la Mezza del 2014, corsa pensando di non poter arrivare al via causa blocco dei treni e chiusa in un tempo fuori dalla mia di allora portata.

Mi ricordo i profumi di Grasse con la mia amica di infanzia Elena, sempre con Elena i nostri banchetti dove da bambine vendevamo le sculture di pasta di sale.

Mi ricordo Saint Paul de Vence e il mio amico Matteo, e Mav (Maria Vittoria) e che volevo essere magra come lei.

Mi ricordo il sole, i sorrisi e il sentirsi a casa.

Eccomi alla partenza delle Marathon des Alpes Maritimes, con le mie “girls” Elena (in maratona come me) e Marina (teoricamente in staffetta 21+21 con Sara, che però si è infortunata), con Beps che alle volte impreca e mi deconcentra dalla gara, ma che adoro malgrado ci conosciamo poco.

Eccomi lì, in griglia, dopo 4 mesi di allenamento con il mio “non coach” Giuseppe Tamburino.

Eccomi lì, senza GPS come deciso un’ora prima perchè non ne avevo voglia, senza iPod perchè scarico.

Eccomi lì, attorniata di persone e incredibilmente sola.

Nessun cane, marito, fidanzato. Le amiche, quelle sì.

Incontro in griglia Fabrizio, compagno di unversità mai più visto. Le sorprese…

Parto, con in testa il solo pensiero di gestire la mia mente e le mie gambe all’unisono.

Sto dietro.

Marina parte comunque e parte come lei sa partire: a tutta. Non la vedo più.

Vedo Elena e Beps e resto dietro.

Non ho voglia di mettermi in competizione da adesso. Ho voglia di ascoltarmi correre. Anche perchè senza iPod il mio respiro ha un suono che mi ipnotizza e mi piace.

Tengo sott’occhio Elena, anche perchè non ho gps e i primi km non sono segnati (o non li vedo), per cui faccio il mio ritmo sul respiro e su di loro per non perderli.

Al 5° km vedo il segno del chilometraggio e guardo il cronometro: 23:20.

Veloce, troppo veloce. Li lascio andare e rallento. Me la godo, stiamo uscendo da Nizza e da qui in poi è tutto più ignoto e bellissimo.

Corro, semplicemente corro.

Vedo il km 7°, ho rallentato, il respiro mi abbraccia e le gambe sono elastiche. Mi forzo di stare composta e continuo.

10° km: 47:55

Ancora veloce.

Respiro e mi porto su una velocità di crociera di 4:55/4:50.

15°: sto bene, benissimo, ma non mi lascio trarre in inganno e continuo piano.

Vedo Elena e Beppe rallentare e avvicinarsi.

Gli sto dietro, forse sono io che vado troppo forte, ma mi rendo conto che stanno rallentando (c’è qualcosa che non va? Oppure è una tattica?)

Me ne frego se è una tattica, spero stiano bene e basta.

E li supero, sentendomi anche un po’ in colpa.

Ma continuo, è la mia maratona e la amo (anche se amo anche loro, la corsa è uno sport individuale).

Ecco la mezza maratona: volevo fare la prima metà in 1.42. Guardo il tempo sul cronometro: 1:42. Bene!

Continuo e guardo le ville, il mare, solitario, azzurro, calmo. Mi godo il sole sulla pelle.

La Costa Azzurra è stupenda.

Antibes, il villaggio, unico. La gente dai balconcini. Sorridono con ancora in mano le tazze del caffè della colazione. In questo istante li invidio…

Però li sento e non li sento.

Forte e chiaro sento il mio respiro.

30° km: 2:25. Perfetto.

Le gambe iniziano a farsi sentire e in più quelli della seconda staffetta si sono aggiunti e siamo in tanti.

Tanti uomini, alti. Non amo correre con uomini grandi e grossi appiccicati, ho sempre paura che con i gomiti mi facciano male.

Una donna, francese, mi raggiunge. E’ piccola, sui 50 credo, con la divisa di una squadra di Grasse.

Penso a quanto sia bello vivere a Grasse…

Lei invece mi vede in difficoltà con la gente e mi fa largo. Come uno scudo urla: “monsieur, monsieur, laissez passer!” e mi fa strada.

Ogni tanto si gira e mi guarda. E sorride.

Un angelo.

Al 38° km mi guarda e mi dice: “C’est presque fait” – “E’ quasi fatta”.

Ovviamente in francese, continua “L’hai corsa tutta? Sei stupenda, ce la fai”.

Mi porta ancora un chilometro poi le dico che non le sto dietro (corre a 4’40”…) non si rassegna, ma la lascio andare.

40°: 3:13, tempo perfetto.

Mancano due chilometri. Non piango perchè non ne ho voglia.

Rido.

Vedo la signora di Grasse poco avanti.

Ecco l’arrivo: accelero a tutta. Chissenefrega se le gambe fanno male.

Chiudo: 3:23:32

Un sentito grazie a Giuseppe Tamburino che mi ha allenata senza stressarmi mai, a Elena che mi ha messo la competizione nelle vene e l’amicizia nel cuore, alla signora di Grasse che è stata una visione, agli organizzatori della più bella maratona della mia vita…

Ma soprattutto GRAZIE alle due persone a cui voglio più bene al mondo: a mamma e papà, che mi aspettavano all’arrivo con una bottiglia di bianco e un cavatappi. Sulla bottiglia, sull’etichetta, il mio nome.

Ah, già, è anche il mio compleanno.

Me lo ero scordato, ma ci sono loro a ricordarmelo. Con il loro amore. Incondizionato.

L’amore non ha maratona che tenga.

Grazie.

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Showing 4 comments
  • Tiziana
    Rispondi

    Sempre molto belli i tuoi racconti!!! Complimenti!!! 😊

  • Alessandra
    Rispondi

    Adoro quella zona della Costa Azzurra, dato che fino allo scorso anno ci ho avuto casa, dovuta vendere con immenso dispiacere. Nel tuo “racconto” rivedo quella ragazzetta single con genitori che adorava sentire l’odore del mare, le uscite a Nice con le amiche, le passeggiate al cabanon e sul sentiero dei doganieri.. poi sposata, le prime timide corse sudata fradicia alla frontiera di Mentone e la convinzione che “il running.. no no, non fa per me”.. Ed ora, di nuovo single.. appena finita una 10K, e la voglia di fare la Prom’classique. Non miro ancora ad una mezza. Ma mi è venuta la pelle d’oca a leggerti. Le stesse sensazioni, lo stesso amore per quelle zone. Mio padre che non c’è più ma che sarebbe orgoglioso di aspettare anche lui questa figlia pazza che a 37 anni si è scoperta sportiva. E il compleanno. Siamo simili anche lì, io li ho fatti il 4. Auguri. 🙂

    • RunningCharlotte
      Rispondi

      Ma che bello! Si, per me quella costa vale tanti ricordi… felice che anche per te sia così, ti abbraccio!

  • ros
    Rispondi

    Grandissima! Complimenti e che bella emozione dev’essere stata 😉

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