La Montagna non è un parco giochi. Riflessioni.

Questa è una riflessione che mi frulla in testa da tempo. Molto tempo. Anzi, la domanda ce l’ho dall’epoca in cui Kilian era una stella nascente.

Oggi però, alla luce degli ultimi fatti di cronaca montana, non posso aspettare.

L’alta montagna è un gioco divertente?

Io sono una donna di montagna, anche se sono nata in veulla (città), anche se non sono un’alpinista, nè una maestra di sci. Io sono una donna di montagna perchè appartengo a quella gente che quando vede una cima pensa alla bellezza del granito.

Quando ho iniziato io ad andare in giro sopra i 3000 metri (non parliamo di secoli fa), sui sentieri valdostani si incontravano poche persone, per lo più autoctoni o straniere, nessun milanese, nè genovese, nè bolognese, nè romano. Valdostani e francesi e tedeschi.

Calzavo scarponi di cuoio spesso, con suola pesante e alle volte, se necessario scarponi ramponabili. Calze sopra la caviglia, pantaloni comodi e canotte traspiranti. Zaino con acqua, salamini e un cambio “perchè in montagna il brutto tempo arriva senza che te ne accorgi”.

La prima volta che ho fatto le Alte Vie il TOR DES GEANTS non esisteva e le Alte Vie non le faceva nessuno.

Il primo (e unico) 4000 l’ho affrontato con imbrago e corde e tantissima paura e l’ho affrontato preparandomi due mesi con vette minori ed escursioni impegnative.

NON HO MAI CORSO “perchè IN MONTAGNA NON SI CORRE”.

O almeno così dicevano gli anziani, ma d’altronde domenica una signora in un paesino mi ha consigliato di non bere alla fontana “perchè bere la mattina fa male”, quindi nelle credenze popolari vale tutto.

Io della montagna ho sempre avuto rispetto.

I tempi però cambiano. Questa volta dimenticandosi del buon senso.

Fresche le notizie di due elisoccorsi partiti per “salvare” una coppia stanca e un cagnolino di città impaurito, fresca la morte accidentale di un giovane trail runner avventuratosi su una via alpinistica in scarpe da ginnastica e senza imbrago, fresco il commento di un amico nei confronti dell’imminente tempesta durante una gara sopra i 3000 m: “se ci fosse pericolo gli organizzatori annullerebbero. Al massimo ti bagni, ma sei in montagna, è normale”.

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La crescente passione per le gare di ultratrail, il desiderio di sentirsi uomini ed eroi, la scommessa del cittadino di riuscire a riscattare la propria indolenza, ci hanno portato ad usare la montagna, l’alta montagna, come parco giochi gratuito, dove il prezzo del biglietto alle volte è la salute.

Leggo frasi tipo “ho corso sui sentieri del Tor Des Géants”, come si direbbe “ho guidato sulla pista del Mugello”, quando quei percorsi hanno centinaia di anni di transumanze e commerci.

“Sono andato in montagna a fare trail” invece di contemplare le valli.

Le guide alpine, oramai disoccupate, vedono gruppi di turisti avventurarsi sui ghiacciai in scarpe da running, non legati, senza sicurezza e senza esperienza. “non ci ascoltano” dicono. Perchè l’esperienza di chi fa questo mestiere da anni è soverchiata dalla popolarità di youtube, come se la montagna fosse un tutorial.

Un turismo “corri e fuggi” che talvolta costa caro, un viaggio cronometrato, una cartolina a scomparsa rapida in cui il pic nic consiste in due barrette energetiche.

Armati di canotte aderenti e calze a compressione affrontiamo i sentieri come supereroi colorati, per poi tremare al freddo del tempo che cambia “ma chi lo avrebbe mai detto”. Litri di sali minerali e maltodestrine, quando pane e salame paiono poco etici nei confronti del povero maiale e il vino rosso il nemico della performance.

La montagna chiede il nostro rispetto, sarebbe semplice.

La risposta è facile e la lascio a voi.

Se volete qui sotto.

RunningCharlotte
RunningCharlotte
Perché la corsa è uno stile di vita e ad ogni passo ci fa crescere un po’ e perché non bisogna essere campioni per correre, basta mettere un passo dietro l’altro. Keep in running.
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Comments
  • Herbie
    Rispondi

    Essendo, come te, valdostano e dovendo spesso correre tra i sentieri e nei boschi, capisco perfettamente il tuo pensiero. La montagna pretende rispetto e pone, di volta in volta, limiti che variano anche in maniera rapidissima. Però vedi, noi parliamo di montagna perché ce l’abbiamo nel sangue, perché abbiamo una tradizione che deriva dalle esperienze fatte da un popolo che in montagna – e con la montagna – è vissuto e si è evoluto. Chi invece non ha questo “background” non riesce a cogliere certi aspetti e, sopraffatto dall’immagine che l’informazione da della montagna, si espone a rischi inutili. Leggere che al Tor, durante i controlli pre-gara, sono stati trovati ramponcini con le punte avvolte nella carta stagnola, per farle sembrare più aguzze, non è solo sconcertante: è la dimostrazione che ci sono ancora persone che non capiscono che mettono a repentaglio la loro incolumità. Ma, come spesso accade, certe riflessioni e certe considerazioni vengono alla ribalta, purtroppo, soltanto nei casi in cui succede qualcosa di grave…

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